28 ottobre 2013 : visita al centro antiviolenza Me.Dea

11.12.2013 23:08

Me.Dea

Contro violenza

 

 

 

Lunedi’ 28 ottobre , ore 13,00 – ecco finalmente il suono della campanella : pronti, partenza e via!

Usciamo correndo dalla scuola, tutti e quattro trafelati per non perdere il treno delle 13,23 per Alessandria.

Direzione Me.Dea , Associazione Provinciale per il contrasto alla violenza sulle donne .

In preparazione al 25 Novembre, Giornata Internazionale contro la violenza sulle Donne, abbiamo voluto verificare se sul nostro territorio fossero presenti Centri di supporto per le donne vittime di soprusi.

Scopriamo per caso che la piu’ vicina si trova ad Alessandria e decidiamo di farci una visita per avere piu’ informazioni.

Dopo un viaggio decisamente turbolento, scendiamo alla stazione ed impostiamo il navigatore (in quanto neppure gli alessandrini sanno dell’esistenza di questa parte della città…) per raggiungere Via Santa Maria di Castello, 14 .

Riusciamo finalmente (nonostante l’opposizione di un cane) a fare la conoscenza delle operatrici.

Ci hanno fatto accomodare in una stanza con le pareti dipinte di giallo dove si respirava un clima davvero famigliare.

 

Ecco la nostra intervista :

 

  1. Come mai l'associazione si chiama Medea?

“Si chiama cosi' perche' e ispirata a Medea, personaggio classico di una tragedia. Inizialmente era stata incolpata di aver ucciso il figlio, ma da una rielaborazione si apprende che i figli le erano stati sottratti e percio’si era allontanata. Inoltre, le donne che hanno fondato il centro, hanno giocato sul nome Me – Dea in quanto esaltazione dell'autostima femminile, sulla quale lavoriamo molto”.

 

 

  1. Quando nascono l'Associazione e il centro antiviolenza?

“L'associazione nasce nel 2008, invece il centro nel 2009 ; la prima si occupa di informazione, sensibilizzazione, organizzazione di eventi ed incontri, il secondo offre accoglienza telefonica alle donne vittime di violenza. Con loro vengono effettuati dei colloqui di counselling della durata di circa un'ora e tramite questo percorso si cerca di alleviare le loro sofferenze. Il sostegno fornito NON e' di tipo psicologico perche' le operatrici hanno seguito un corso per affrontare esclusivamente casi di violenza e maltrattamenti. Il centro e' in contatto e collabora con una rete di avvocati per fornire aiuto legale”.

 

 

  1. Com'e' strutturato il centro?

“Il centro antiviolenza e' composto da 7-8 operatrici specializzate che interagiscono in prima persona con le donne. Il principale luogo di informazione e’ la “Casa delle Donne di Bologna”. In associazione invece lavorano volontari e simpatizzanti (circa una quarantina) che non sono necessariamente formati in quanto non hanno contatti diretti con le donne”.

 

  1. Come vi finanziate?

 

“Quando e' nata l'associazione, erano appena state emanate leggi che prevedevano l'apertura di almeno un centro antiviolenza per provincia quindi abbiamo ricevuto finanziamenti statali. Purtroppo, negli ultimi due anni sono stati bloccati. Oggi riusciamo a proseguire nel nostro lavoro grazie alle donazioni di privati, alla partecipazione a progetti regionali, nazionali o europei (solitamente annuali) , svolgendo incontri d'informazione e vendendo gadgets (magliette, borse per la spesa, block notes). Il centro collabora con le istituzioni , contribuendo anche alla formazione di carabinieri e medici che sono le prime unita' di soccorso nei casi di violenza sulle donne”.

 

 

  1. Qual'e' la tipologia di violenza piu' attuata? Ci descriva qualcosa del cammino per uscirne.

 

“La violenza maggiore e' quella domestica perche' avviene in un contesto di relazione. Puo' degenerare in femminicidio e a questo proposito posso farvi notare che in Italia viene uccisa una donna ogni tre giorni, in media. La fascia d'eta' delle vittime secondo le statistiche e' compresa tra i 35 e i 40 anni. Da Gennaio 2013 sono state accolte dal centro piu' di 150 donne, dal 2009, 600 in totale. L'8 % delle donne arrivano dall'acquese. Il cammino per uscirne e’ indubbiamente lungo, in linea di massima si stima che le donne impieghino 7 anni per lasciarsi alle spalle quanto subito. Quando abbiamo il primo incontro con loro, significa che hanno gia' compreso di essere in una situazione anomala e il nostro lavoro consiste nel far sviluppare a queste persone delle strategie che permettano loro di sopravvivere (nei casi di violenza domestica, non e' detto che le donne arrivino a lasciare il loro marito o fidanzato e purtroppo assistiamo anche ad un fenomeno di dispersione: alcune vengono una o due volte, poi non si fanno piu' vedere). In realta', nonostante la donna non si senta libera, lo e' molto di piu' di quanto pensa. E' il maltrattante a isolarla, umiliarla, costringerla ad una sorta di prigionia per esercitare controllo. Quando a queste donne vengono prospettate nuove soluzioni, si sentono “rivivere”.

 

7) Esistono ipotesi sull’origine della violenza?

Non si puo' generalizzare, ma accade a volte che gli uomini maltrattanti abbiano a loro volta subito violenza nell'infanzia e quindi propongano lo stesso modello che e' stato presentato loro. Molto dannosi sono anche i pregiudizi e i modelli culturali stereotipati, come ad esempio la superiorita' maschile, la vittimizzazione delle donne etc.

 

6) Cosa si puo’ fare di fronte a questo fenomeno?

 

“Il primo passo per contenere il fenomeno della violenza e' sicuramente la prevenzione, sulla quale le nostre istituzioni non investono mai abbastanza. Anche il recente decreto sul femminicidio dimostra molti punti deboli perche' e' molto punitivo, ma non preventivo. Bisogna anche fare attenzione nel contesto relazionale ad alcuni campanelli d'allarme, che, una volta innamorati, non si possono piu' notare con distacco. Questi sono ad esempio la gelosia eccessiva, il controllo ossessivo del cellulare, la critica delle amicizie della donna etc. Infine, ci auguriamo che il 25 Novembre, Giornata Internazionale contro la violenza maschile sulle donne, sia una celebrazione veramente sentita e che la lotta non duri soltanto un giorno”.

 

 

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